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Maurizio Tamagnini: “Attenti al debito, fa bene se buono”

Maurizio Tamagnini: Fsi e Bocconi unite per la ricerca

È un po’ il concetto del “debito buono” espresso dell’ex governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi. I finanziamenti alle aziende servono, ma devono arrivare al momento giusto. Non troppi né troppo presto. “le aziende familiari hanno bisogno di soci di capitale e anche di debito – dice Maurizio Tamagnigi, amministratore delegato e azionista del fondo Fsi che ha in portfolio anche Missoni -. Ma dev’essere un indebitamento graduale, per crescere, così da fare acquisizioni e diventare poli di aggregazione. Se invece le indebiti dall’inizio, quando entri nel capitale, le blocchi: come possono fare acquisizioni?”

Il concetto non è nuovo, già in passato si discusse dell’eccessivo indebitamento portato alle imprese da alcuni fondi di private equity. La novità è che ora Fsi ha promosso in partnership con l’Università Bocconi una ricerca per misurare l’impatti della struttura finanziaria sulla crescita e la redditività delle aziende. L’ha seguita l’osservatorio Aub sulle imprese famigliari italiane, è ora pubblica, rivela un fatto: esiste una relazione negativa, matematica, tra il livello di indebitamento di partenza di un’impresa (misurato come rapporto tra posizione finanziaria netta e margine operativo lordo) e i risultati dell’azienda nei cinque anni successivi: intesi come crescita del fatturato, del reddito operativo e della capacità di investire. A ogni punto di crescita della posizione finanziaria netta – cioè dei debiti verso le banche più quelli verso altri soggetti finanziari meno le disponibilità liquide – corrisponde infatti la riduzione media del 2,5% del tasso di crescita annuo dei ricavi, dello 0,2% di quello del margine operativo lordo, dell’19% del ritorno del capitale investito, dello 0.3% del margine di utile sui ricavi (ebitda margin), del 3,1% del tasso di crescita delle immobilizzazioni totali. Questo ogni anno e per i cinque anni successivi.

L’indagine è stata condotta su 16.845 imprese con ricavi oltre i 20 milioni per il 2014-2018, considerato un basso debito di partenza. “Anche su un diverso orizzonte temporale i risultati confermano che le aziende con un tasso di indebitamento più alto hanno livelli di crescita e redditività inferiori”, dice l’indagine. “In un settore industriale come quello italiano, dove le aziende sono tutte famigliari o quasi – dice Maurizio Tamagnini -, è importante avare capitale per la crescita che sia concentrato non sui dividendi immediati, ma sul portare fieno in cascina“. Maurizio Tamagnini porta un esempio: “Se comperi un’azienda per 100 milioni, ma le metti subito 60 milioni di debito, la freni. Se invece la lasci con della cassa, poi l’azienda stessa può usare quei 60 milioni per fare acquisizioni e crescere. Questa cultura c’è ancora poco, ma si auspica che si diffonda in questo momento”. Nel quale, peraltro, molte imprese sono costrette a fare ricorso ai finanziamenti delle banche, pur garantiti e a costo quasi zero, per far fronte alla crisi.

“Dopo la pandemia da Covid ci saranno due tipi di reazioni – dice Tamagnini -, chi parte velocemente e chi resta al palo. Può partire meglio chi è patrimonializzato“. Le aziende famigliari dovrebbero aprire il capitale, ma a soci pazienti e che non intervengano “a leva”. Per espandersi e resistere alle crisi. Nel 2020, le grandi aziende hanno sofferto la crisi pandemica meno delle altre: hanno avuto, dice Deloitte, un calo dei ricavi del 14% (dal 2019) contro il 27% delle piccole aziende e il 19% delle medie. Inoltre hanno generato il 5% di cassa (rapporto tra posizione finanziaria netta e ricavi) contro il 3% delle medie (le piccole sono andate in negativo del 10%). Sono poi attese recuperare più in fretta: per il 2021 ci si attende un calo dei ricavi dell’1% contor il 4% delle medie e il 6% delle piccole.

Maurizio Tamagnini cita a modello due casi su cui ha lavorato il team Fsi, Cedacri e Sia, cresciute per acquisizioni e ora oggetto d’interesse per la costituzione di poli nella finanza e nei pagamenti. Qui l’indebitamento è stato aumentato gradualmente. In Cedacri nel 2017-2020, prima e dopo l’ingresso nel fondo, il margine lordo è più che raddoppiato da 43 a oltre 100 milioni, con una posizione finanziaria netta passata a 250 milioni dai 24 milioni di cassa iniziali. Ora Cedacri è in via di cessione, interessi Accenture, Ion, Engineering, Reply. “cerchiamo una partnership strategica, contiamo di chiudere nei prossimi mesi”, dice il ceo di Fsi. Quando a Sia, pronta ora per la fusione con Nexi, fra il 2021 pre-acquisizione e il 2020 il margine lordo è quasi triplicato da 90 milioni a 258 milioni con un indebitamento da 20 a 700 milioni.

Fonte: Corriere della Sera – L’Economia

Autore: Alessandra Puato

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