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Gianpietro Benedetti: “La competizione è sempre più dura, l’Italia si adegui”

Secondo Gianpietro Benedetti la crescita rallenta. "Ci sono meno margini, e se il Paese non svolterà, ci attende l’impoverimento"

Non teme affatto di apparire contro corrente. Gianpietro Benedetti, presidente e amministratore delegato di Danieli, tra i gruppi leader nel mondo nella progettazione, costruzione e gestione di impianti siderurgici, tira fuori il lapis e sottolinea senza remore i fattori di criticità del quadro economico nordestino, italiano, mondiale. Lo fa per metodo e in pubblico, ogni anno all’assemblea della società friulana, dove non si limita affatto a prendere in esame i conti dell’azienda ma guarda pure al contesto generale. E propone sempre una lettura che appare, nonostante non sia nelle intenzioni, "politica" (l’ultima volta con Matteo Renzi come guest star). A proposito di Renzi, secondo Gianpietro Benedetti il premier sta cercando una via per alleggerire il peso del debito e, dunque, mettere carburante nel motore della speranza e quindi della motivazione.

Nel trend dell’export vede un indizio di recuperata competitività del Paese?

«In media, nei prossimi mesi l’export soffrirà e, nel tentativo di mantenere i volumi, si ridurranno i margini. Le ragioni di tale andamento sono attribuibili a vari fatti contingenti. Primo: il calo del prezzo del petrolio e dei minerali, che riduce drasticamente le risorse di molti Paesi in via di sviluppo costringendoli a posticipare gli investimenti. Secondo: il rallentamento della Cina che, per compensare il calo della domanda interna, esporta a prezzi stracciati. Terzo: i conflitti esistenti nell’area Medio-Oriente e Nord-Africa. E tutto ciò va sovrapponendosi a un costante calo della competitività e produttività italiana sin dagli anni ’80. Inoltre l’industria italiana, in media, è carente di contenuti tecnologici se confrontata con i Paesi sviluppati. Fortunatamente ci sono delle eccezioni su cui il sistema può fare leva. Da notare che i Paesi in via di sviluppo ci stanno raggiungendo, ed in alcuni casi superando. Altro fattore che limita le prospettive di crescita del Pil è che dagli anni ’80 ad ogni crisi (più o meno ogni 10 anni), molte aziende sono vendute a società estere e ciò certamente non favorisce investimenti e crescita sul territorio».

Assunto il contesto geo-politico attuale, quali sono i problemi di fondo interni e di medio-lungo periodo che zavorrano l’Italia?

«Certamente le aziende competitive non solo si salvano ma continueranno a crescere con l’export. Il tema attuale è lo sviluppo dell’economia mondiale rallentato, che chiama ad una competitività ancor più esasperata. Il sistema Paese Italia non favorisce la competitività per i temi che si stanno discutendo da anni: burocrazia, leggi poco chiare, tassazione elevata e un Paese restio a fare sistema e poco friendly con l’intraprendere. Siamo un mix tra Paese statalista e liberale che non aiuta sulla competitività-produttività».

Gianpietro Benedetti, secondo lei tali linee di tendenza conducono irreversibilmente l’Italia a una condizione di marginalità e declino?

«Se non ci sarà discontinuità con il costume degli ultimi 30-40 anni, facendo quanto serve, probabilmente finiremo con l’impoverire progressivamente o repentinamente in modo similare alla Grecia, che ora deve affrontare un ridimensionamento del welfare per almeno 20-40 anni. In Grecia, di media, si è diminuita la disponibilità economica delle persone del 50-60%. Probabilmente in Italia sarà necessario circa il 25-30%, se non si rilancerà la crescita senza aumentare il debito».

In questo senso, qual è il suo giudizio sull’azione del governo sulle partite di carattere economico?

«Il Governo persegue una disruption con una parte del passato, mettendo mano concretamente a molti dei problemi causati dal vecchio modo di pensare. E ritengo che Renzi stia mettendo a punto una modalità utile ad alleggerire il condizionamento da debito pubblico, non so con quali tecniche e però sarebbe un fattore di straordinaria importanza perché consentirebbe di liberare energie e rilanciare. Nella sua azione complessiva è però fortemente ostacolato dal sistema, per via di interessi e/o idee sorpassate o semplicemente per una sorta di pigrizia. Auguriamoci che ce la possa fare e velocemente. Il governo va sostenuto in quanto non ci sono al momento alternative credibili e concrete che possano fare meglio. È in ritardo con la spending review, ma è comprensibile visti i numeri in Parlamento e gli ostacoli a cui accennavo. Diamogli fiducia fino alla fine del mandato e poi si valuta. Probabilmente, in base al progress lavori, servirà un secondo mandato».

Riguardo al suo settore specifico e dal suo cono visuale, quali tendenze di mercato dominano?

«Il mondo dell’acciaio è in crisi. La Cina ha esportato nel 2015 ben 120 milioni di tonnellate ad un costo di 70 dollari americani a tonnellata, inferiore ai costi di produzione, distruggendo il mercato mondiale. E probabile che nel 2016 questo numero sarà portato a 150 milioni di tonnellate. Per comprendere l’impatto sul mercato si confronti con l’Italia che produce 22 milioni di tonnellate all’anno. La Cina esporta in tutti i Paesi del mondo, mettendo in difficoltà il 70% dei nostri clienti. Il numero di aziende sarà ridotto per integrazioni o chiusure. Il mercato potrà migliorare qualcosa nel 2017 ed auspicabilmente di più nel 2018».

Quale evoluzione vede per il risanamento e rilancio dell’Ilva?

«L’Ilva è un grosso problema in quanto, probabilmente, sta progressivamente perdendo non solo il mercato, ma anche la capacità di produrre in qualità. Auspicabile che chi acquisirà l’Ilva sia un produttore competitivo nel produrre acciaio in qualità e quindi con management qualificato a disposizione per attuare la metamorfosi necessaria e improrogabile per ridare competitività all’azienda. Ci vorrà qualche anno per ottenere il risultato. In caso contrario i problemi potranno essere estremamente seri, ancor di più in questo momento di mercato».

Gianpietro Benedetti, riguardo alla sua azienda, che cosa si attende in tema di export per l’annata in corso? Quali i mercati più vitali?

«In Danieli riteniamo che nel breve avremo una flessione del 10-15%. Esportiamo il 99% dei nostri prodotti da almeno 40 anni e quindi il set back dell’economia globale ed in particolare dei Paesi in via di sviluppo impatta fortemente la disponibilità ad investire in grandi impianti. Di fatto la situazione attuale, parlando del settore impianti per metalli, è piuttosto complicata: Europa e Usa fermi, Cina con Russia e Ucraina anche. Area Medio Oriente e Nord Africa ferma per le guerre in corso. Qualche possibilità di sviluppo il prossimo anno in India ed area South East Asia».

FONTE: Il Messaggero Veneto
AUTORE: Paolo Possamai

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