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Massimo Malvestio: imprese e quotazioni in Borsa tra rischi e alternative, il punto dell’avvocato

Esperto di finanza e territori, l’avvocato Massimo Malvestio è stato di recente intervistato dal “Corriere del Veneto” su alcune importanti operazioni in Borsa che negli ultimi mesi hanno coinvolto diverse imprese venete. L’ingresso di Stevanato Group, il cui esordio a New York “con una valutazione per l’azienda di 5,3 miliardi di euro, l’ha trasformata in prima quotata veneta per valore”. Ma anche “le uscite di Carraro e Sicit, le aziende meccanica e dei concimi dagli scarti della concia, che scelgono di far leva sui prezzi bassi in uscita dalla crisi Covid, per impostare piani di crescita lontani dalla Borsa”. Senza dimenticare “la fusione tra Italian Wine Brands e la veneta Enoitalia, che crea il primo gruppo del vino italiano, già in partenza quotato”. Insomma, un’estate storica per le imprese venete (non solo per ragioni legate alla ripartenza post-Covid).
Per Massimo Malvestio la quotazione in Borsa non sempre rappresenta la soluzione più efficace: “I costi per entrare e rimanere in Borsa sono sempre molto importanti. Se una società non ha una chiara ragione strategica o un ritorno in termini di valutazione o immagine, per me non ha senso pensarci”. Fondatore del fondo Hermes Linder dedicato alle small cap, l’avvocato nell’articolo osserva come di recente anche in Veneto ci siano state “quotazioni con multipli molto alti che si giustificano da sole ma se l’effetto è ottenere valutazioni inferiori a quelle che pagherebbe un fondo d’investimento per entrare nel capitale, ho i miei dubbi che il gioco valga la candela”.
In giro ci sono anche “tanta liquidità e soluzioni operative più semplici”, come rileva Massimo Malvestio. La presenza in Borsa infatti comporta rischi, non bisogna dimenticarlo: “Le imprese familiari possono stare in Borsa con successo; ma la logica di piccole capitalizzazioni e flottanti anche sotto il 20% non è sempre comprensibile. Gli investitori istituzionali evitano le azioni illiquide e il prezzo finisce per dipendere da pochi movimenti speculativi. E società di qualità possono venir mortificate da quotazioni evidentemente troppo basse, che rendono le azioni non più utilizzabili per le acquisizioni; e l’immagine della società si offusca: insomma, niente di buono”.
Nell’articolo l’avvocato, dal 2014 a Malta dove in qualità di Presidente del Comitato per gli Investimenti guida Praude Asset Management Limited, si è espresso anche sulla decisione di Carraro di uscire dalla Borsa: “Ha fatto bene a sganciarsi da una situazione di un titolo sostanzialmente illiquido e anche a lungo sottovalutato. Quando servivano i soldi per rafforzare la società gli azionisti di maggioranza non hanno pensato al mercato, ma prima a un’altra famiglia”. In sostanza dunque esistono anche altre soluzioni, come ribadisce al “Corriere del Veneto” Massimo Malvestio: “Perché non provare a favorire lo sviluppo di un vero mercato del Private Equity? Non solo attraverso fondi che sono una sicura opportunità. In giro ci sono molti soldi e mano a mano che una cultura della trasparenza e della legalità si diffonderà – come già sta succedendo – tra le piccole imprese, si apriranno opportunità di crescita con capitali privati. Evitare percorsi troppo costosi, pur assumendo rischi in teoria maggiori, sarà un’opportunità non solo per family office ma anche per investitori meno importanti. In Veneto c’è già un fondo che investe in micro imprese; mi auguro possa essere un precursore”.

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